giustizia e politica

Ripubblico su Blog questo contributo, apparso un tempo su MondoOggi. Lo pubblico "as is", riconoscendomici se non proprio in toto, almeno in parte.

tangentopoli

appunti per un giudizio giusto

Abbiamo ricevuto questa lettera, che pur non facendo nostra in ogni sua parte, ci sembra un utile punto di partenza per un dibattito sul tema, sempre rovente, della giustizia.
“La questione della giustizia continua ad essere cruciale. Dopo la duplice, piena assoluzione di Andreotti e la morte di Craxi il lungo processo di decantazione e di disincanto dell'opinione pubblica italiana sembra giunto a un punto di svolta: Mani Pulite non è più un mito intoccabile, i PM dei Pool “d'assalto” non sono più eroi immacolati, cavalieri impavidi e disinteressati a cui spetterebbe la rigenerazione morale, la salutare palingenesi di un'Italia altrimenti miseramente corrotta, affossata nella putrida palude del malcostume.
È più facile in questo clima di maggior pacatezza ed equilibrio, riesaminare quanto accaduto negli anni caldi del grande sconvolgimento politico-giudiziario che ha posto fine alla cosiddetta Prima Repubblica.
Chi sono i magistrati protagonisti di quella stagione (per brevità, d'ora in poi, i PM): eroi di una giustizia super partes o esponenti di un ben determinato disegno strategico? E chi sono i “corrotti” politici della Prima Repubblica: ineguagliabili mostri di corruttela, insaziabili divoratori di tangenti o altro? Soprattutto che cosa è stata “Mani Pulite”?
Vorremmo svolgere un discorso il più possibile serio, ponendo con sobrietà alcune riflessioni e alcune domande a cui si possa dare una risposta oggettiva.

una rivoluzione giudiziaria

1.Comunque lo si interpreti e valuti, non si può contestare che la stagione di Mani Pulite ha colpito non i singoli illeciti di singoli individui, ma ha disintegrato interi partiti politici, anzi una intera classe politica, anzi un intero sistema politico.

2. Ciò può e deve far riflettere: tale rivoluzione è stata un effetto involontario o intenzionale dell'azione della magistratura? In altri termini che cosa avevano di mira i PM quando promuovevano le loro indagini? Due sono le alternative possibili: o l'eliminazione della corruzione (per cui i rivolgimenti politici sarebbero da intendersi come un non voluto effetto collaterale), o l'eliminazione di certi partiti politici e di un certo sistema politico.
  • La prima alternativa è l'unica ad essere corrispondente al compito che la legge attribuisce a un magistrato, che per definizione deve essere super partes e dovrebbe disinteressarsi del tutto degli orientamenti soggettivi (politici, religiosi o di altra natura) dell'indagato, per attenersi esclusivamente al puro dato oggettivo degli illeciti.
  • La seconda alternativa configurerebbe una alterazione del compito della magistratura, anche se fosse vera l'ipotesi che i PM erano in perfetta buona fede convinti che la corruzione si concentrasse in determinate forze politiche. Non spetta infatti ai giudici, ma al popolo sovrano, che si esprime col voto, giudicare i partiti in quanto tali.
Che cosa dunque si voleva eliminare: la corruzione o un sistema politico?

2.a. Se l'obbiettivo principale fosse stata la corruzione avremmo dovuto constatare le seguenti caratteristiche: una continuità temporale dell'azione giudiziaria e una estensione delle indagini a tutto campo. È invece sotto gli occhi di tutti che “Mani pulite” abbia subito una duplice condensazione, temporale e di spazio politico.
a) né continuità temporale. Temporalmente le indagini non sono state svolte con continuità: sono partite in un ben preciso momento politico, ed hanno seguito un ritmo stranamente legato alle vicende politiche. Se l'intento deve essere quello di disincentivare la corruzione occorre che non si aspettino certi momenti “magici” per indagare e colpire, ma si tenga costante il livello del controllo su tale fenomeno. Mani Pulite parte invece esattamente quando si creano certe condizioni politiche (la caduta del muro di Berlino, l'avanzata della Lega e la crisi dei partiti della Prima Repubblica) e cessa allorché, risulta distrutto il sistema politico della Prima Repubblica. In altri termini passa da 0 a 100 in pochissimo tempo (nel '92), e poi da 100 a 0 (o poco più) in altrettanto poco tempo, una volta venuta meno la Prima Repubblica; laddove avrebbe dovuto mantenersi costantemente a livello -diciamo- 50, prima, durante e dopo qualsiasi vicenda politica, che non deve interferire con l'azione giudiziaria.
b) né estensione generale. Le indagini hanno colpito solo alcuni settori della politica e non altri. Forse perché gli altri, non toccati, erano puliti, si dirà. Ma se si era tanto sicuri della pulizia di certi partiti (il PCI in primis) perché le indagini che li avrebbero potuto disturbare sono state tolte all'unico PM milanese non allineato con il resto del Pool, cioè Tiziana Parenti? Perché il Mario Chiesa del PCI, cioè Primo Greganti, non è stato costretto a dire tutto quello che sapeva, dato che era assolutamente ovvio che le cospicue somme che gli erano state versate non potevano essere destinate a lui (insignificante "quadro intermedio" dallo scarso potere)? È del resto difficile pensare che un partito come il PCI, al governo di Milano col PSI per altrettanto tempo della DC, potesse non sapere nulla del grado di corruzione dei propri alleati.

Forse nel Psi la percentuale di corruzione era maggiore che in altri partiti, ma stando ai risultati di Mani Pulite il rapporto era di 100 a 1, mentre più verosimilmente tale gap doveva essere molto meno accentuato. Se non altro per la alleanza che ad esempio unì per molti anni i due partiti al Comune di Milano, sia sotto Aniasi, sia sotto Tognoli, sia sotto Pillitteri.

2.b. Che l'obbiettivo principale sia stato l'altro, una palingenesi politica radicale, appare anche da una serie di indizi che rivelano come l'azione dei PM sia stata sapientemente pilotata in collaborazione con la stampa e i mass-media.

Non si contano i casi infatti, di violazione del segreto d'ufficio, con rivelazione ai giornalisti di notizie che avrebbero dovuto restare rigorosamente riservate. Troppi furono i casi per parlare di coincidenze casuali. Sapiente appare poi la regia dei tempi, oggettivamente tali da ottenere il massimo effetto politico. E anche qui le coincidenze sono davvero tante.
Ancora nelle indagini su Berlusconi, indagini che possono essere viste come un prolungamento e un supplemento di “Mani Pulite” si può rilevare una scelta dei tempi che risulta oggettivamente accorta e accurata: il noto imprenditore comincia ad essere indagato proprio quando scende in politica, e solo quando scende in politica. Perchè non prima, viene da chiedersi? E, viene anche da chiedersi, sarebbe mai stato indagato se non fosse sceso in politica? Tra i tanti episodi ricordiamo quello del vertice dei G7 a Napoli: difficile pensare a una pura casualità nella scelta di fare di quella assise internazionale la cassa di risonanza per gettare quanto più fango possibile sul leader di Forza Italia. Notevole poi il fatto che per tutto il tempo in cui Berlusconi ha dimostrato un atteggiamento accondiscendente verso l'Ulivo, certi magistrati inquirenti si sono praticamente dimenticati di lui. Per tornare ad occuparsene allorchè è ripresa la polemica con la sinistra.

obiezioni e risposte

3. Dobbiamo però esaminare le possibili obiezioni al discorso finora fatto.

condensazione temporale

Una condensazione temporale quale quella indubbiamente verificatasi con Mani Pulite era necessaria e legittima in quanto da un lato i partiti della Prima Repubblica avevano, cogli anni, aumentato a dismisura il livello della corruzione, e dall'altro finché restavano politicamente forti, era impossibile, o almeno pericoloso, colpirli. Dunque aspettare il momento opportuno non può essere visto come sintomo negativo.
Si può capire che effettivamente un certo clima possa favorire e un altro ostacolare l'azione di un magistrato. Tuttavia chi si è votato a tale lavoro ha dei doveri, che implicano anche dei rischi. Nessuno lo ha costretto a vestire la toga, se ha fatto una simile scelta deve assumersi fino in fondo gli oneri che ne derivano, accettando di sfidare i potenti anche quando sono ancora potenti, senza aspettare che eventi esterni li rendano deboli. Non avrebbe viceversa molto senso aspettare che un fenomeno illegale giunga “a maturazione” prima di cominciare a sanzionarlo. Meglio togliere il male fin dall'inizio e vigilare continuativamente affinché non risorga.

condensazione dello spazio politico

Per quanto concerne la condensazione di area politica, non è colpa dei magistrati se i socialisti confessavano e facevano nomi, e i comunisti no. Con Greganti si è provato a farlo confessare, ma senza risultato...
E' verosimile che il maggior individualismo diffuso tra i socialisti da un lato li abbia spinti, prima, a deviare verso interessi individuali oltre che di partito i proventi illeciti, e poi a ritenere la propria scarcerazione più importante dell'onore del partito, mentre tra i comunisti vigeva un ben più forte senso di appartenenza collettiva alla Causa, incarnata nel Partito, a cui principalmente andavano i finanziamenti illeciti, e che andava a tutti i costi salvato. Questo almeno, è ciò che appare da un esame esterno delle vicende in questione, desumibile dalle fonti di informazione pubblicamente disponibili.

Tuttavia è innegabile che, a partire almeno dagli anni '70 sia stata portata avanti una sistematica opera di penetrazione nella magistratura da parte della sinistra non riformista (leninista), per cui già dagli anni '70 si è avuta una esplicita politicizzazione di una parte della magistratura (si pensi ai “pretori d'assalto”). Ancor meno è negabile che una parte della magistratura italiana abbia esplicitamente sostenuto una prospettiva giustizialista della giustizia, e che su questo negli anni '80 ci sia stato nel Paese uno scontro duro, con episodi culminanti nel “caso Tortora”, nel conseguente referendum sulla responsabilità dei magistrati (in caso di errore), referendum che segnò una vittoria dello schieramento garantista (egemonizzato non a caso dal PSI), e nel lungo duello tra il Presidente della Repubblica Cossiga e la maggioranza del CSM, che era animata appunto da una impostazione giustizialista, per la quale si concepiva la assoluta legittimità per i magistrati in quanto tali di entrare in polemica col potere politico in quanto tale. È forse azzardato vedere la vicenda Mani Pulite come influenzata da tali precedenti? È dunque così azzardato vedere come una parte della magistratura vedesse come alleate certe forze politiche (come il PRI, la sinistra DC e il PCI), e ne vedesse altre (quello che veniva detto il CAF, ossia Craxi, Andreotti e Forlani) come nemiche? E quando uno ha un amico, cerca di trattarlo meglio che un nemico. Forse!


Va bene, si obbietterà, c'era indubbiamente un legame tra certa magistratura e certe forze e viceversa: ma ciò potrebbe benissimo essere inteso come conseguenza del fatto che proprio tali forze erano le più oneste; mentre, parallelamente, l'ostilità al CAF non era dovuta a motivi essenzialmente politici, ma all'elevato tasso di disonestà presente in tali forze.
L'Italia dunque sarebbe (stata) divisa in due grandi categorie, gli onesti e i disonesti. Tutti gli onesti avrebbero votato per il PCI, o il PRI o la sinistra DC, mentre la maggioranza degli italiani, essendo disonesta, avrebbe votato per il CAF e le forze ad esso prossime. Chiunque vede come tale spiegazione non solo sia semplicistica, ma inaccettabilmente calunniosa. Senza contare il grottesco di ammettere che più della metà degli italiani fosse costituita da malandrini e truffaldini.


Non si vuole dire che fossero disonesti gli elettori, ma i politici da loro votati. Lo prova il fatto che una volta smascherati tali partiti non sono più stati votati e sono praticamente scomparsi.
Sono sì scomparsi alcuni partiti, e lo sono sotto l'ondata difficilmente contenibile di una campagna mass-mediatica martellante che criminalizzava chiunque le si opponesse. Ma a ben guardare l'elettorato dello schieramento che abbiamo sintetizzato nel CAF si è poi ritrovato, pressoché pari pari, nel Polo delle Libertà, guidato da Forza Italia. I casi sono due: o il lupo ha perso il pelo ma non il vizio, davvero metà Italia è truffaldina e malandrina, oppure si è cercato di criminalizzare con armi improprie uno schieramento politicamente ostile. Quando, come in recenti sondaggi (fatti nel corso di una trasmissione di un giornalista non certo di destra come Michele Santoro) la maggioranza netta degli italiani ritiene che Craxi abbia subito un trattamento “speciale”, e un ingiusto accanimento indagatorio, ci chiediamo come si possa ostinarsi a sostenere che la maggioranza degli italiani sia disonesta.

Questo appare come un artificio propagandistico, volto a intimidire e a criminalizzare quegli avversari politici che si dubita di poter affrontare e vincere con armi propriamente politiche.
Così si potrebbe pensare che, essendo politicamente debole, qualcuno pensa di rivalersi con l'unica arma che gli resta, quella giudiziaria.


3. Ma allora uno si potrebbe chiedere (se esiste ancora la libertà di pensiero in questo Paese): quale era la rivoluzione politica che si voleva da parte o dei magistrati o comunque di coloro che si sono avvalsi oggettivamente del loro modo di procedere ?
La risposta è a vari livelli, complementari e non esaustivi.
Un primo fatto: l'odio contro Craxi e il PSI.
  • Non vogliamo difendere in toto il leader socialista, a cui probabilmente un equilibrato giudizio storico dovrà pur addebitare qualche eccesso di arroganza e una eccessiva disinvoltura nel praticare e tollerare intorno a sé fenomeni di gestione “allegra” del denaro pubblico, fino alla vera e propria corruzione. D'altra parte nemmeno si potrà misconoscere che la stima per Craxi all'estero (Reagan che si firmava “tuo Ron”) e in Italia (Craxi avrà ben avuto qualche ragione per credersi un candidato particolarmente eleggibile alla carica di Presidente, in una rinnovata Costituzione presidenzialista) aveva qualche oggettiva ragione di esistere: la fine della ambiguità socialista e la decisa scelta per l'Occidente, la fine dell'emergenza terrorismo e il deciso calo dell'inflazione, il miglioramento economico degli anni '80, con una diffusione del benessere anche tra i ceti meno abbienti (si ricordi l'elevato rendimento dei BOT in tali anni). Ma allora, se Craxi non era un leader così negativo, da dove gli è venuto tanto odio?
  • Era in corso a sinistra una lotta all'ultimo sangue per l'egemonia tra Pci e PSI. Il PSI aveva cercato, non senza qualche successo, di fagocitare il PCI: era la famosa “unità socialista” voluta da Craxi. Un Craxi che oltretutto era convintamente anticomunista (non per nulla veva tolto falce e martello dal simbolo del PSI sostituendovi un, più europeo, garofano). Era dunque comprensibile che il PCI covasse sentimenti di rivalsa.
L'avversione al sistema proporzionale incentrato sulla DC
  • Finita l'emergenza comunismo a livello mondiale, alcuni poteri forti desideravano sbarazzarsi di una classe politica troppo legata alla Chiesa (DC) o comunque a idee di solidarismo e di stato sociale. In questo senso Mani Pulite e il referendum di Mario Segni contro il proporzionale erano due lati della medesima medaglia, concorrendo, ognuno a modo suo, al fine di distruggere la Prima Repubblica.
  • La Prima Repubblica avrà avuto anche dei difetti, ma non meritava di finire in una artificiosa esecrazione moralistica: 40 anni di pace e di democrazia, di sviluppo economico che senza frenare il mercato aveva garantito una distribuzione del benessere ad ampi strati della popolazione.
  • Non è il caso di immaginare chissà quali complotti segreti, massonici o no, o chissà quale Grande Burattinaio. Certo nemmeno si può ipotizzare una pura concomitanza casuale di eventi e di fenomeni che concorrono e convergono ad un medesimo risultato.
Una sincera volontà di purificazione?
Non si può escludere che in molti Pm ci sia stata una sincera volontà di combattere la corruzione: ma la loro azione è stata viziata da una impostazione giustizialista che ha attribuito ai giudici poteri propri dell'ambito politico. Che la corruzione stia esclusivamente in certi partiti può essere un'idea del PM come cittadino, ma non del PM come PM, che deve restare super partes.”

Cifre, per un bilancio

Dai dati forniti dalla Procura di Milano, gennaio 2002.
Dall'inizio di Mani Pulite vi sono stati, per motivi di corruzione (e simili: concussione, illeciti finanziari, falso in bilancio):

3175 richieste di rinvio a giudizio, di cui


405 condanne con giudizio di colpevolezza


828 condanne per patteggiamento, della quali la quasi totalità nel periodo "caldo" di Mani Pulite ('92/'94) -> quindi condanne ... "per disperazione" (dell'inquisito)


429 assoluzioni


386 prescrizioni


1320 assegnazioni ad altra sede (con elevatissimi numero di assoluzioni)


45 suicidi di indagati (di cui 32 concentrati negli anni caldi)
 Come si vede, il bilancio è tutt'altro che trionfale. La corruzione, a detta degli stessi PM, non è affatto diminuita. In compenso si sono rovinate, politicamente e umanamente, centinaia e centinaia di vite di molti cittadini risultati poi innocenti, e alcuni dei quali si sono suicidati.
Se questa è giustizia...

 infallibilità dei magistrati?

Si dovrebbe dunque por mano alla smitizzazione di un dogma troppo a lungo coltivato, e in modo tutt'altro che disinteressato, ossia che i PM non sarebbero esseri umani come tutti gli altri, fallibili e animati da passioni e interessi, ma sarebbero degli angeli, puri e limpidi come acqua di fonte, esenti dalla possibilità di errore e di mala fede.
Questo dogma dovrebbe essere messo in discussione: anche i PM sono uomini come tutti. E sbagliano. E non c'è da scandalizzarsi che sbaglino anche in mala fede. La giustizia, per essere tale, non deve guardare in faccia a nessuno.
Neanche ai magistrati.