lunedì 16 dicembre 2013

Europa

Si sta diffondendo, anche in seguito alla crisi economica, un diffuso sentimento anti-europeo, soprattutto nella destra.
Perché nella destra?
 Da punto di vista culturale perché l'Europa è, diciamo così, progressista, cioè in antitesi con la destra, conservatrice. Basti pensare alla tematica relativa al matrimonio egualitario, visto come fumo negli occhi dalla destra estrema e invece sempre più diffuso in Europa e anzi in qualche modo raccomandato da istituzioni europee. Oppure sul tema immigrazione l'Europa ci "costringe" ad essere "accoglienti", mentre la destra porrebbe volentieri dei filtri.
 Da punto di vista economico, perché dire Europa è dire euro e l'euro è una moneta che, se ha garantito da una inflazione galoppante, ha reso più difficile la concorrenza delle merci italiane sui mercati esteri, ha insomma danneggiato l'esportazione, che si sarebbe invece avvantaggiata dalla svalutazione della lira, come sempre in passato era avvenuto.

 Che dire? L'Europa (come progetto di unificazione politica) è stata voluta nel secondo dopoguerra soprattutto da politici cristiani, De Gasperi, Schuman e Adenauer. E non a caso: dire Europa è dire "cristianità" (questa del resto è la prima denominazione del nostro continente, in contrapposizione al mondo islamico), nel Medioevo l'Europa era (quasi) unita (sotto l'Impero, il Sacro Romano Impero).
 Si può buttare a mare il progetto europeo solo perché in disaccordo su qualche tema etico? Non è semplicistico rispondere, la risposta non può che essere meditata e sofferta, ma noi diremmo "no": l'Europa è troppo importante, è una cosa buona. Invece di buttarla a mare, cerchiamo di migliorarla (e fatti recenti dimostrano che ciò è possibile).
 Quanto all'euro: come ha detto oggi Draghi uscirne costerebbe molto, ma molto di più che tenerselo. L'euro ci protegge dall'inflazione, rende più stabili i conti pubblici, uscirne sarebbe catastrofico.
 Perciò noi diciamo: bisogna stare dentro l'Europa.