martedì 24 luglio 2012

semipresidenzialismo alla francese

Non ci piace. Non ci convince.
1) Non come metodo: ritorna, dopo mesi di silenzio, Berlusconi, e in quattro e quattr'otto mette in campo una propostina piccolina piccolina (una vera rivoluzione costituzionale) da far passare a colpi di maggioranza. Sono più di vent'anni che si parla di riforme istrituzionali e si sono battute in questi anni numerose vie, senza concludere niente. Su una cosa però hanno sempre concordato la maggioranza dei politici e dei commentatori: che una riforma costituzionale si fà solo con una larga convergenza delle forze parlamentari e nel contesto di un riordino complessivo dell'architettura costituzionale. Se si accorcia una gamba ad un tavolo bisogna accorciare anche le altre tre: la Costituzione è una realtà organica, non è fatta di compartimenti stagni.
Ora invece si cambia un solo punto (l'elezione del Presidente) senza mettere mano a un complessivo rifacimento della Costituzione, e lo si vuol fare a colpi di maggioranza (oltretutto una maggioranza che non esiste più), senza cercare ampie intese.

2) Non sono daccordo poi nel merito. La storia d'Italia è diversa da quella francese. Là c'è la tradizione del Re, che in qualche modo si perpetua nella figura del Presidente eletto dal popolo; l'Italia non ha una grande tradizione monarchica ma è un paese più simile alla Germania, che si esprime al meglio con un bilanciamento dei poteri. Meglio di una personalizzazione esasperata del potere sarebbe un sistema alla tedesca: soglia di sbarramento che tagli via i partitini, sfiducia costruttiva, ma centralità del Parlamento, magari reso simile a quello tedesco con due camere dai ruoli differenziati.